Il processo creativo di uno sceneggiatore: Federico Memola

I lavori creativi, per loro stessa definizione, raramente sono legati a orari precisi, perché soggetti a mille fattori che ne influenzano l'andamento.

Non sto parlando della romantica visione dell'artista che si mette a creare freneticamente in preda all'ispirazione (per quanto l'ispirazione svolga effettivamente un ruolo fondamentale nel mestiere), ma di un'attività intellettuale che richiede concentrazione, nonché specifiche condizioni ambientali e mentali.

"Pensare" è una delle attività più sottovalutate di questi tempi, per molta gente è persino difficile ritenerlo un lavoro. Resisterò alla tentazione di propinarvi un lungo pippone sull'importanza del pensiero e di come il mondo sarebbe un posto migliore se la gente (fra le altre cose) pensasse di più, piuttosto è importante sapere che se state cercando di concentrarvi sul vostro lavoro (nel mio caso, scrivere una storia a fumetti), avere il vicino che sta scavando il traforo del Monte Bianco nel suo appartamento, la gatta che chiede nuovamente e insistentemente da mangiare o il pensiero che sta per scadere la rata del mutuo e non siete certi di avere abbastanza soldi in banca... Beh, queste non sono esattamente le condizioni ideali!

Per questo motivo la mia giornata di lavoro non ha orari precisi. O meglio, il lavoro di scrittura non ha orari precisi, perché il lavoro di riflessione e di "concepimento" delle idee ha invece un orario precisissimo e invariabile: inizia a mezzanotte precisa e termina alle 23:59. Esatto, la "maledizione" di chi fa questo lavoro è che non stacca mai davvero del tutto, anche quando è impegnato (o rilassato) a fare altro, persino mentre dorme, un angolino del suo cervello è comunque impegnato ad assorbire stimoli, valutarli ed eventualmente trasformarli in spunti o idee (possibilmente da annotare su un taccuino o dove si preferisce). Un dialogo captato su un autobus, un articolo di giornale, un sogno, il titolo di un film, persino un profumo o un rumore possono far da spunto per un'idea. E l'idea, oltre che quanto più di prezioso esista al mondo, è la base del nostro lavoro. Dal quale, quindi, non stacchiamo mai. Mai!

Ma poi le idee, quelle che reputiamo valide, vanno trasformate in storie. E qui subentra il lavoro di scrittura, la parte più faticosa. Perché tutti hanno idee (belle o brutte che siano), ma avere un'idea non basta: occorre plasmarla, amalgamarla coerentemente con altre idee e pian piano dare origine alla storie che vogliamo raccontare. Buttando giù appunti, pezzi di dialoghi, abbozzi di scene e poi scremando, modificando, rifinendo finché non si arriva al soggetto. Ovvero alla trama nuda e cruda della storia, l'equivalente di un dettagliato riassunto che potremmo fare a un amico di un film che abbiamo visto o di un libro che abbiamo letto.

Fatto il soggetto, si comincia a trasformarlo in sceneggiatura. Per prima cosa, io butto giù una sintetica "scaletta", ovvero divido la storia in scene e calcolo approssimativamente il numero di pagine per ogni scena (qui aiuta molto l'esperienza, quindi più si va avanti a fare questo lavoro, più questa parte verrà facile). La precisione non appartiene a questa fase: se una scena per cui avevo previsto tre pagine me ne prenderà invece quattro, ce ne sarà certamente un'altra che verrà invece più corta. Basta solo tenere sotto controllo il conto totale ed eventualmente tornare indietro per vedere dove tagliare o allungare, a seconda delle esigenze.

Quindi è la volta della sceneggiatura vera e propria. La sceneggiatura, per quel che mi riguarda, racchiude sia la parte più noiosa del lavoro (le descrizioni delle vignette), sia quella che preferisco: i dialoghi. Forse a causa della mia formazione (sin da ragazzino ho "divorato" quasi quotidianamente commedie sofisticate degli anni Trenta, poi ho scoperto Asterix) i dialoghi sono infatti la parte di sceneggiatura che più mi diverto a scrivere e che mi dà maggiori soddisfazioni. E' per questo che, anche a storia disegnata, ci torno sopra rifinendoli e limandoli fino all'ultimo momento utile. E continuerei a farlo anche a fumetto pubblicato, potendo, pur di raggiungere il risultato più prossimo alla perfezione possibile.

Per scrivere la sceneggiatura, come dicevo, non ho orari precisi. Ci sono momenti o intere giornate in cui rimango a fissare lo schermo bianco senza riuscire a scrivere una riga e altri in cui magari rimango alzato anche fino alle tre del mattino perché non riesco a smettere (anche se con l'avanzare dell'età si fa sempre più difficile reggere fisicamente certi "strapazzi"!). Il momento peggiore è certamente quando magari sei a letto, ti svegli in piena notte e ti rendi conto che ti è venuto in mente come risolvere un passaggio che ti teneva bloccato. E per quanto tu ti dica "okay, domattina, appena mi sveglio, mi metto al lavoro anche prima di colazione"... la tua testa non si fa fregare e ti impedisce di riaddormentarti se prima non ti sarai alzato, non avrai acceso il computer e non avrai scritto quel che ti è venuto in mente! Perché non si sa mai, l'indomani potresti non essere così lucido e non ricordarti tutto! Grazie al cielo mia moglie ha il sonno pesante! In compenso la gatta ne approfitta per chiedere cibo! Tanto sei già sveglio e in piedi, no?

E, insomma, io lavoro così!

Federico Memola