Come nasce un fumetto. Di Francesco Codolo

In questo tutorial vorrei farvi vedere come nasce una mia storia, dall’idea iniziale al l’albo stampato e finito.

Premetto subito che NON SONO UN PROFESSIONISTA, non sono mai riuscito a far diventare il fumetto un lavoro, quindi non prendete i miei metodi come bibbia: ho pubblicato qualcosina, ricevuto molti complimenti, ma nessuno che abbia poi apprezzato i miei lavori pagandoli.

Nella vita faccio il grafico pubblicitario. Come tempo libero disegno fumetti. Un mio grande difetto è che solitamente lavoro male con gli sceneggiatori, adoro cambiare la storia in corso d’opera e se mi vengono idee che considero migliori (inquadrature più interessanti, dialoghi più belli) non riesco a non metterle dentro al fumetto che sto disegnando. Modifiche che fanno spesso "imbufalire" gli sceneggiatori... quindi, se volete diventare dei professionisti, il mio primo consiglio è quello di seguire sempre le sceneggiature così come vi vengono presentate

1- L’IDEA DELLA STORIA.

Tutto nasce dall’idea, la scintilla, e già da questa prima fase si noterà la mia poca professionalità perché solitamente ho vari metodi per iniziare una storia. L’approccio che uso più spesso è il più sbagliato in assoluto, ovvero disegno una tavola senza senso. Magari sto leggendo un libro e mi appare una scena, o sto vedendo un film. Mi sento talmente tanto ispirato che corro al tavolo e inizio a disegnare. Mentre disegno, inizio a immaginarmi tutta la storia che può esser dietro a questa tavola.

2- Passata la prima fase di sfogo creativo libero, passo a scrivere e a PENSARE LA STORIA.

Per il terzo episodio del mio fumetto “La Principessa Ayumi” avevo buttato giù di getto questa prima tavola. Non avevo la minima idea di che storia avrei potuto tirarci fuori. La protagonista aveva un taglio di capelli diverso dall’episodio precedente, aveva i vestiti un po’ strappati e sembrava anche piuttosto arrabbiata con qualcuno. Sembrava la scena perfetta per un finale invece che per un inizio; così decisi che questa tavola sarebbe finita in coda all’episodio in venire. Quindi, una scena finale e un look nuovo per la protagonista. In più, un’ambientazione nuova visto che la scena sembrava essere svolta in una metropoli. Mi mancava solo tutta la storia.


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3- Qui arriva la fase più difficile per me, ovvero buttare giù le idee e SCRIVERE UNO STRACCIO DI SCENEGGIATURA.

Come detto, non sono un fumettista professionista; figuriamoci se posso essere uno sceneggiatore. Ad ogni modo il mio metodo in questa fase è prendere un quaderno e buttare giù tutto: idee, scene che voglio inserire, momenti salienti, bozze, personaggi, battute ecc ecc.

Nello stesso quaderno faccio anche dei mini layout per tutte le tavole. Li faccio veramente piccini, io, i layout: misureranno 4x6cm, mi servono solo per vedere se la gabbia funziona.

Disegnare bene la gabbia della tavola per me è importantissimo. Sono convinto che una tavola di fumetto sia già bella anche solo con le vignette vuote. Ho scoperto che i mangaka giapponesi sono delle divinità nel costruire gabbie bellissime. Se volete stupire tutti con una gabbia ben fatta vi consiglio di studiare bene autori come Otomo, Masamune Shirow, Naoki Urasawa e Mitsuru Adachi: maestri nel disegnare gabbie stupende.

4- Finito lo studio dei layout inizio finalmente a DISEGNARE IL FUMETTO vero e proprio.

Se ho fatto un buon layout, le matite si faranno quasi da sole perché avrò tutto chiaro in mente. Se invece il layout era vago ci metterò un po’ di più. Ad ogni modo, sulle matite non ho molto da dire: dal momento che ho imparato a disegnare storie che scrivo io stesso, conosco ovviamente bene tutti i protagonisti e i personaggi che appariranno. So come pensano, so tutto del loro passato.

Ogni pesonaggio avrà un proprio modo di camminare e di sedersi a tavola, perché ognuno di questi ha un carattere e delle esperienze passate differenti dall'altro.

Non sono ultra preciso nel fare le matite, molti dettagli e particolari li definisco in fase di china.

5- LA CHINA.

Quando un ragazzo inizia a inchiostrare i propri disegni, vuol dire che sta iniziando a fare sul serio e sogna di fare del fumetto un lavoro.

Per inchiostrare, io vado spesso di pennino. C’è chi usa i pennarelli, chi inchiostra in digitale, chi il pennello (che uso tantissimo anch’io). Ogni mezzo va bene purché ci permetta di esprimerci al meglio. Io ho trovato il mio nirvana con i pennini e con il pennello.

Trovo fantastici i pennini: inserirne uno nel suo canotto e intingerlo nella china è come sfoderare una katana. Uso diverse punte in base alla loro morbidezza e durezza (se non volete farli arrugginire non lavateli mai con l’acqua, ma strofinate semplicemente via la china con un fazzoletto di carta).

Anche di pennelli ne uso di diversi, come il pennello Winsor & Newton serie 7 (creato e forgiato appositamente per la regina di Inghilterra), il pennello della pentel con cartucce di china ricaricabili e un pennello giapponese ordinato su internet che però mi è arrivato difettoso (volevo buttarlo via, ma poi mi sono accorto che dava un segno molto particolare così ho iniziato a usarlo e a padroneggiarlo, rendendo il suo difetto il suo colpo vincente).

6- I RETINI sono forse la fase più difficile di tutto il processo.

Metterne troppi o troppo pochi è un attimo: riuscire a trovare il giusto equilibrio ed effetto è difficilissimo. Se si mettono in digitale, bisogna stare attenti che poi in fase di stampa non appaia il terribile "effetto moriè". I retini digitali, poi, se messi con mano non esperta possono risultare freddi e orribili. I retini tradizionali appiccicati sul foglio di carta rendono quasi sempre meglio, ma hanno il grosso difetto di costare molto e di non essere riutilizzabili (qui in Italia, oltre a costare tanto, sono anche difficili da reperire; il mio consiglio è di farveli comprare da qualche amico in viaggio in Giappone: là costano poco e sono leggeri da portare in valigia; ad ogni modo, il loro costo può essere tranquillamente assorbito se riuscite poi a vendere le tavole originali: un disegno originale se è anche retinato vale molto di più).

Personalmente, i retini li applico sia in maniera artigianale, grattando con una lametta per fare le sfumature, sia in digitale. Per il digitale la mia tecnica è quella di acquistare un retino e di scansionarlo ad una risoluzione molto alta per poi andarlo ad applicare digitalmente sopra al disegno: in questo modo non avrò l'effetto freddo tipico dei retini digitali e nemmeno il dispendio economico eccessivo tipico dei retini artigianali.


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Francesco Codolo